R68 Possibilità di effetti irreversibili

2013

R68 Possibilità di effetti irreversibili è un'installazione della mostra collettiva "Nuvole eterotopiche" a cura di Diego Pasqualin esposta presso Studio Dieci a Vercelli.

Una struttura proteiforme aggrappaata a due vecchi mobili, simula un "complesso" quanto superato apparato tecnologico che trae energia da una video-foresta per poi trasformarla in una nuova realtà dai colori cangianti. La scelta dei mobili che abbiamo impiegato per realizzare l'installazione è stata dettata da due caratteristiche ben precise: per lo scrittoio la poeticità del manufatto artigianale mentre per il mobile-radio il pudore con cui la tecnologia veniva esibita. L'accensione dei monitor dell'installazione è regolata da un sensore a raggi infrarossi che attiva l'installazione al passaggio delle persone. Un piccolo gesto che, al di là di un tentativo di risparmiare il più possibile preziosa energia, mira a rendere visibile l'opera solo quando questa è realmente fruita dal pubblico: un impegno di "risparmio" che vale anche per l'arte.
In fondo il problema è sempre lo stesso, fino a che punto può spingersi l'Uomo nell'uso della tecnologia?
E quali sono gli effetti della tecnologia sull'Uomo e sull'Ambiente?
C'è la possibilità che si verifichino effetti irreversibili?


Exhibitions:
"Nuvole eterotopiche" a cura di Diego Pasqualin | Studio Dieci | Vercelli 7 febbraio - 21 aprile 2013 |
R68 Possibilita di effetti irreversibili @ Nuvole Eterotopiche - StudioDieci
R68 Possibilita di effetti irreversibili @ Nuvole Eterotopiche - StudioDieci
 Nuvole Eterotopiche @ StudioDieci
Nuvole Eterotopiche @ StudioDieci
R68 Possibilita di effetti irreversibili @ Nuvole Eterotopiche - StudioDieci
R68 Possibilita di effetti irreversibili @ Nuvole Eterotopiche - StudioDieci
R68 Possibilita di effetti irreversibili @ Nuvole Eterotopiche - StudioDieci
R68 Possibilita di effetti irreversibili @ Nuvole Eterotopiche - StudioDieci
R68 Possibilita di effetti irreversibili @ Nuvole Eterotopiche - StudioDieci
R68 Possibilita di effetti irreversibili @ Nuvole Eterotopiche - StudioDieci
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)
R68 Possibilita di effetti irreversibili (Frame)


Testo critico di Diego Pasqualin

N U V O L E - E T E R O T O P I C H E

Eterotopia: Fenomeno per cui si originano stimoli di attività funzionale in sede diversa dalla normalità (Devoto-Oli, Dizionario della lingua italiana)
“Ci sono dunque paesi senza luogo e storie senza cronologia; città, pianeti, continenti, universi, di cui sarebbe impossibile trovare traccia in qualche carta geografica o in qualche cielo, semplicemente perché non appartengono a nessuno spazio. Probabilmente queste città, questi continenti, questi pianeti sono nati, come si suol dire, nella testa degli uomini o, a dire il vero, negli interstizi delle loro parole, nello spessore dei loro racconti o anche nel luogo senza luogo dei loro sogni, nel vuoto dei loro cuori”. (Michel Foucault, Utopie Eterotopie, Edizioni Cronopio, Napoli, 2006, pag.11)
È possibile essere Sè e altro da Sè contemporaneamente?
Può un luogo con una connotazione ben precisa diventare altro, svolgere un'attività funzionale differente rispetto alla quale è stato prestabilito, per poter Essere, anche solo per un breve periodo, una “nuvola eterotopica”?
Da sempre Studio10 ha cercato di scrutare ed indagare fra i vari interstizi del contemporaneo. Grazie agli artisti che negli anni si sono susseguiti ha scandagliato i fondali più oscuri di quel presente metamorfico che rimescola culture e continue evoluzioni quotidiane dove tutto è in perenne ridiscussione.
Questa proposta espositiva parte dal presupposto di costruire in Studio10 un'installazione comune con l'intento di creare una “Social Temporany House” affinché le stanze della galleria cessino, anche solo per il tempo della mostra, di essere un luogo espositivo, dove i fruitori vengono ad osservare, per diventare un luogo dove depositare, un luogo per sostare-stare-dare.
Gli artisti di Nuvole Eterotopiche hanno contribuito a questa ri-costruzione abitativa e abitabile prestando una parte della propria vita privata alla collettività. I mobili, infatti, appartengono alle loro abitazioni, ai ricordi di famiglia, alle storie mai passate alle quali ancora, ogni tanto, ci si aggrappa. Il risultato è una casa eterogenea dove la pluralità formale si rispecchia in quella esistenziale; una casa multanime, una casa parlante in grado di raccontare a chi ne avrà la voglia e il coraggio di viverla, tutte quelle tracce che il tempo e l'utilizzo hanno causato su quegli arredamenti, di mostrarci la realtà con la realtà. Ed è proprio da questa presa dal reale che Nuvole Eterotopiche si collega al grande evento a Vercelli nell’ ARCA della chiesa di San Marco “ Gli anni sessanta nelle Collezioni Guggenheim. Oltre l'Informale verso la Pop Art” a cura di Luca Massimo Barbero in collaborazione con Peggy Guggenheim collection. Le indagini sociali iniziate dalla Pop Arte degli anni sessanta sono qui riadattate al fare e al sentire contemporaneo. Questa wunderhaus è POPolare per la sua stessa essenza. L'allestimento non è un insieme di Objet Trouvé, ma una singola opera collettiva per la collettività dalla collettività, composta da mobili e piccole opere che silenziosamente si mescolano e si nascondono fra l'arredamento. L'aspetto eterotopico si rivela nella disfunzione, o meglio, nella funzione altra, delle stanze che costituiscono Studio10. Qui non sono le creazioni artistiche ad essere ospitate ed esposte ai visitatori, ma è lo stesso luogo che arredato e corredato da piccole opere si presenta come casa, come luogo del dialogo, per poter finalmente Essere. Così come una nuvola Studio 10 subirà l'influsso del tempo, delle correnti che ne modificheranno l'assetto e la sua forma volubile e plastica, ridefinendolo, di giorno in giorno, a seconda di chi vivrà questo magico e sperimentale luogo. E poi ancora.Fermarsi. Sostare. Respirare. Abitare l'intimità traslata in un luogo altro. Parlare. Depositare. Lasciare una parte del proprio vissuto affinché possa diventare anche quello di qualcun altro; rompere il silenzio del mio per ascoltare i possibili suoni del nostro.
Una Nuvola è una nuvola e una nuvola è una Nuvola.

Titolo: NUVOLE ETEROTOPICHE
Misure determinate dall'appartamento
Materiali:
• Cucina: crocevia delle case italiane; è la stanza dove ci si incontra o ci si aspetta, magari seduti su una sedia a dondolo, ricamando con la mente fitte trame di pensieri che come una paglietta di ferro sono in grado di graffiare le superfici più delicate della nostra anima (Ornella Rovera).
È il luogo dove spesso si sta seduti in silenzio, nel vuoto interiore, lo stesso drammatico vuoto che accompagna la sedia di Vico Magistretti recuperata nel parco del Manicomio di Genova che ci sottolinea la doppia e drammatica assenza di chi l'utilizzava (Margherita Levo Rosenberg).
L'ansia scivola fino al nostro cuore. Silenzio. Pensieri. Il battito accelera. Forse un bicchiere d'acqua fresca potrebbe aiutarci, eppure in quel frigorifero sono contenuti, preservati, congelati, gli embrioni anonimi di una società cannibale incapace di rintracciare la singola identità nella comunità (Carla Crosio).
• Tinello: è il luogo dove si consumano i pasti, dove ci si ciba di alimenti e di confessioni. Seduti intorno al tavolo si alternano profumi e stoviglie, ciotole bianche che come il nostro cuore sono atte ad accogliere i frutti della vita naturale e altrui (Adriano Campisi).
E così le parole cominciano a scorrere, ci si apre all'altro, ci si svela, le ante che hanno celato la nostra intimità durante la giornata ora sono libere di aprirsi, di rivelare ciò che spesso non si può essere altrove (Erica Tamborini).
Incorniciati come piccoli e preziosi cammei si ripercorrono fotogrammi che il tempo, o l'anima, ha già virato in colore altro, alterato, saturato, semplicemente pregno della malinconia del ricordo (Orietta Brombin).
Come spettri impalpabili giacciono adagiati sopra i mobili i richiami di quello che fu, di momenti e situazioni vissute, di attese e partenze avvenute, di attese e ritorni sperati (Federica Ferzoco).
La memoria accumula, somma, in ogni anfratto possibile tracce dell'esistenza per non dimenticare, per non lasciare andare all'oblio nemmeno i resti di un amore infranto (Marco Pedrana).
• Studiolo: è il collegare, il mettere insieme, il passaggio. Il movimento che si compie in questa stanza non è solamente fisico, in quanto si svolge tra l'altro da Sè al dentro di Sè. È il luogo dove l'anima è libera di farsi contaminare, di mettere in atto quel passaggio dallo stesso allo stesso per poter essere finalmente Io per l'Altro (Diego Pasqualin).
Inevitabilmente si lasciano dei tracciati, dei segni sulla carta che pare aver assorbito ogni sfumatura degli stati d'animo. Pagine sfuse di un diario in grado di rivelare tutta la complessità della grammatica interiore (Anna Prestigiacomo).
Frammenti lirici, frammenti crudi di una fisicità dirompente, frammenti di un corpo che prepotentemente pulsa dall'interno, imponendo l'essere al volere, la carne allo spirito (Roberta Fanti).
• Lavanderia: il difficile contatto con il mondo obbliga l'uomo a vestirsi, a coprirsi, a mascherarsi, ad interpretarsi. Questo è il luogo dove le nostre corazze possono essere deterse dopo il difficile attrito con la società. Gli abiti sono la casa ambulante che ci permettono l'ardua relazione fra chi sono Io per me stesso e chi sono Io per l'altro. Così nello specchio rifletto la mia immagine tentando di carpire quei piani di luce e di ombra che mi hanno generato e tuttora mi compongono (Eliana Frontini).
Appeso sullo stendino, di volta in volta, c'è una porzione del mondo che ci circonda, che ci ha accarezzato, che abbiamo vissuto nell'attesa di essere ancora per noi esterno interiorizzato e interiorizzabile (Margherita Labbe).
• Salone: si va in scena. Il salone è quel particolare luogo della casa dove avvengono i ricevimenti importanti, dove si accolgono le persone, i visitatori, i viaggiatori. Si intavolano discorsi. Come un regista cinematografico il padrone di casa predispone geometricamente i commensali, in quel delicato equilibrio di vuoti e di pieni che contraddistinguono le peculiarità caratteriali di ogni singolo individuo (Claudio Rotta Loria).
Comodamente adagiati sui divani ci si concede al dialogo, affrontando i temi più disparati, i pettegolezzi, le frivolezze e le lettere, come cioccolatini, si sciolgono sui palati dei benpensanti (Roberto Gianinetti).
La moda, il glam, i drammi, gli sconforti si mescolano in un mix forviante. La diversità non è accettata nel salotto buono perché la bellezza dell'io non può che corrispondere alla bellezza fisica (Salvatore Giò Gagliano).
Allora bisogna essere pronti a rifugiarsi nel piccolo angolo Zen dove rilassarsi ed entrare in contatto con la terra e la natura delle cose, con la speranza di riequilibrare la crudeltà del mondo esterno (Tea Taramino).
Sostare. Viaggiare. Riposarsi. Sfogliare un piccolo album dei ricordi cercando di rivivere le sensazioni di ieri. Cartoline del nostro Io. Frammenti del nostro Io pronti a confortarci come oracoli ai quali ogni volta ci rivolgiamo per comprenderci meglio. (Chiara Giorgetti).
Così si riaprono ferite. La scatola dei ricordi immediatamente diventa un baule strabordante, dal quale il nostro vissuto non può che straripare con rumoroso silenzio. Incrostazioni indelebili sulla fitta trama della nostra incapacità di capire (Laura Brambilla).
Il percorso esistenziale si somma dunque a quello fisico: le strade percorse tra le antiche rovine, l'eccitazione del sopra pensiero. Vita e sensazioni sfuggenti racchiuse nelle piccole e teatrali scatole della memoria (Fiorenzo Rosso).
La natura umana è dunque rimessa in perenne discussione. Nemmeno la tecnologia è più in grado di rasserenarci. L'interazione uomo-macchina, virtuale e fisico ci con-fonde quei confini mai stabili aggiungendo tra Me e Me un nuovo stadio dell'esistere, il parallelo a Me (fannindada).
E così gli occhi corrono alla ricerca di un appiglio sicuro, di una luce che possa illuminare e schiarirci i pensieri, ma nulla. Persino una semplice lampada ci avvisa che la pericolosa precarietà della formazione dell'io è una strada dissestata che si deve percorrere con coraggio se si vuole giungere alla dolce fragilità dell'animo umano (Valter Luca Signorile).
• Camera da letto: è il luogo dell'indicibile. Un microcosmo privato generalmente distante da occhi indiscreti. Un luogo dove guardare dentro e fuori da Sè senza il timore di essere giudicati. Finalmente si è liberi tra le bianche lenzuola di compiere gesti meno candidi per approdare, depositare, forse, con l'aiuto dell'altro, una parte del proprio Io in quella volubile Nuvola Eterotopica definita Vita (Ennio Bertrand).
Anno: non definibile